Titolo di studio: “SOPRAVVISSUTA”
Luglio 24, 2018Ho guidato alla velocità della luce. Dovevo tornare a casa ed accendere il mio pc. Un foglio bianco, una tastiera, e via.
Oggi si è specializzata mia sorella: è diventata Medico Gastroenterologo dopo anni ed anni di studi.
E proprio come qualche mese fa, quando l’altra sorella divenne Avvocato, tutta la famiglia era li, ad osservarla con sguardo fiero ed ossequioso. Il massimo dei voti entrambe, ore ed ore di studio in condizioni al limite della sopravvivenza, al limite del dolore. Entrambi i percorsi sono stati conclusi e portati avanti subito dopo la morte di mio padre, e non avere il suo abbraccio o il suo in bocca al lupo la sera prima, è stata durissima. Sono state eccezionali, due cavalli vincenti, due donne e professioniste che ho visto piano piano crescere e maturare. Hanno portato avanti i loro progetti con determinazione, forza, costanza, stringendo i denti sempre. Ed oggi finalmente la loro vita da PROFESSIONISTE inizia.
Oggi sulla soglia della porta dell’aula lo vedevo, papà. Era li, con il suo cappello da buttero ed il suo gilet verde oliva con guance rosse e piene di orgoglio, e forse dentro di se borbottava qualcosa sull’esposizione di Viviana, o sul modo in cui mia madre si toccava i capelli. Non so.
Ma era li, me lo sentivo addosso. O meglio, lo sentivo addosso a loro. Lo vedevo nelle gambe sottili di mia sorella Viviana, nel modo di osservare ogni cosa di mia sorella Simona, nella camminata di mio zio, suo fratello. Lo vedevo nei ricordi, quando fiero chiedeva alla figlia “media”, e tu papà cosa vuoi fare da grande? “Il medico”.
Lo sentivo nell’aria. Lo sentivo girare intorno ai professori che rivolgevano domande, lo sentivo pavoneggiarsi durante la proclamazione. Lo sentivo.
Ho pianto. Ad un certo punto devo anche aver risposto male a mia madre che continuava a chiedermi “ma che c’è, qualche brutta notizia?”. No. Anzi. Io quando sono emozionata devo piangere. Punto.
Questi momenti per me sono sempre molto difficili. Per svariate ragioni. Ho cercato negli anni di comprendere queste reazioni emotive alle loro rispettive lauree, proclamazioni, traguardi. Loro meritano ogni singolo sguardo di orgoglio e fierezza riversato da chiunque sui loro visi. Ed io piango. E provo un “nonsochè” di molto fastidioso dentro lo stomaco.
Non sono arrivata a grosse conclusioni, posso solo cercare di mettermi a nudo per comprenderne le ragioni e perchè scrivere mi aiuta sopra ogni cosa. Io la laurea non ce l’ho. Io quelli sguardi addosso, cosi’ fieri, non li ho mai avuti. Nè da mio padre nè da nessuno. Una volta ho visto papà guardarmi in quel modo, una volta sola… quando mi ha vista in abito da sposa. Aveva quelli occhietti rossi rossi di commozione, che volevano solo dirmi “sei bellissima, figlia mia.”
Quegli occhietti me li ricordo come fosse ieri. Mi prese dalle spalle con le sue grandi mani, e non disse nulla. Mi guardo’ solamente. Non saluto’ nessuno delle persone presenti nella stanza, guardo’ solo me. Una volta sola. In 40 anni.
Oggi piangevo per commozione, gioia. E per forse invidia, quella sana, perchè io quella sensazione la non l’ho mai provata. Perchè i miei sono sempre stati obiettivi diversi. Non cadenzati da un titolo di studio. E perchè forse un titolo di studio io non sarei mai riuscita a procurarmelo, se non comprandolo, causa assenza totale di costanza. Ma nella società in cui viviamo quegli occhi li’ fanno parte del pacchetto “laurea – specializzazione – proclamazione”.
Non esiste un titolo di studio che possa contenere la follia del mio percorso e delle mie decisioni. E menomale. Altrimenti avrei avuto voti bassi anche li. O qualcuno si sarebbe girato per dirmi “lei, signora, puo’ rendere di più”.
E non avrei vinto borse di studio. Nè master. Un titolo di studio sulle mie “competenze” non esiste. Non si puo’ dare un voto all’irrequietezza, all’instabilità, all’essere mamma, all’essere moglie, alla creatività, all’idea. Non si puo’ guardare qualcuno con quegli occhi li’ solo perchè ha stravolto in un mese la sua vita. Non si puo’.
Avevo bisogno di tornare a casa e di guardarmi allo specchio.
Fiera delle mie sorelle, una delle cose migliori che potesse capitarmi insieme alla mia famiglia, avevo bisogno di sentirmi un po’ fiera anche di me.
Mi sono guardata allo specchio. Mi sono voltata appena appena ed ho rivisto il tatuaggio realizzato qualche giorno fa. E mi sono detta che da oggi anche io ho un titolo di studio: “SOPRAVVISSUTA“
Contro ogni evento.
Sopra… vissuta…. Vissuta sopra ad ogni cosa, come volando. Come proteggendo. Come staccandomi da terra. Sopravvissuta: agg. e s. f. (f. –a) [part. pass. di sopravvivere]. – Chi si è salvato da un disastro
E niente. Merito anche io di essere guardata cosi’.
Ma lo fanno i miei figli. E forse basta cosi’.
Se potessi parlare alla piccola Yaya bambina, le canterei solo una canzone…